PRESENTAZIONE E CENNI STORICI
L’arte tradizionale giapponese delle composizioni floreali, nota con il nome di Ikebana 生花, ebbe inizio durante il periodo Muromachi (1333-1568), affondando le sue radici fino all’epoca Nara (settimo secolo) e Kamakura (dodicesimo secolo), con sfumature di carattere religioso. In un primo tempo l’enfasi era soprattutto data ai materiali e alle forme così come esistono in natura. Una forma particolare di Ikebana si sviluppò in simbiosi con la cerimonia del The e divenne un elemento importantissimo dell’architettura degli interni. Gradualmente la composizione di fiori ha assunto anche idee e concetti filosofici più profondi.
Ad esempio, i tre rami fondamentali attorno ai quali si dispongono i fiori assumono rispettivamente il significato di cielo-universo, di umanità e della terra e la loro composizione deve alla fine esprimere l’equilibrio armonico della natura.
L’Ikebana era un’arte prettamente conosciuta e tramandata tra i nobili e i bonzi, solo in seguito venne diffusa tra la casta guerriera samurai 侍 entrando a far parte delle cosiddette arti marziali 武道: Arte della spada 剣 (ken), Arte della lancia 長刀 (naginata), Arte dell’arco 弓道 (kyudo), Arte del cavalcare 馬匹, Arte del nuoto 泳ぎ様, Arte del disporre i fiori 生花 (ikebana) e Arte della calligrafia 書道 (shodo), con l’aggiunta alla fine del 1500 dell’ Arte della cerimonia del The 茶道 (cha-do).
Attualmente in Giappone ci sono circa tremila scuole di Ikebana che vengono frequentate prevalentemente dalle signore giapponesi ma non è raro trovare anche persone di sesso maschile fortemente motivate da interessi culturali e/o filosofici. Le tecniche fondamentali dell’Ikebana sono relative alle modalità con cui si fissano i fiori nel vaso, si tagliano le foglie o i ramoscelli, si curvano i materiali e così via; alla fine, seguendo lo schema predisposto, la composizione deve comunicare ritmo e armonia, deve essere costruita con forme asimmetriche, dove lo spazio vuoto è importante quanto quello pieno; l’accostamento dei colori è armonico come in natura e tutto diventa rappresentazione delle regole universali.
Il Maestro Dino Forconi tramanda gli insegnamenti della scuola Yoshinoko Ryu 吉野古流 che risale al 1603 e fu espressamente voluta dallo Shogun 将軍 (governatore militare del Giappone) Yeyasu Tokugawa 徳川家康, appositamente per indurre i suoi samurai a comprendere che occorre sempre applicare la gentilezza e l’armonia in qualsiasi atto della vita.
GLI STRUMENTI E L’AMBIENTE
I vasi da Ikebana:
Possono essere in ceramica, metallo, bambù ed in vimini intrecciato. (preferibilmente non utilizzare vasi in vetro o plastica). I vasi possono essere: Rotondi, poligonali, semicircolari, quadrati o anche irregolari (preferibilmente bassi se di ceramica, alti se di bambù) e delle più svariate forme se di metallo.
Le forbici:
Nell’Ikebana si adoperano prevalentemente fiori o rami recisi (raramente si impiegano piante o bulbi con le proprie radici). Il primo utensile è un paio di forbici 鋏 (in giapponese HASAMI); in alternativa alle forbici da Ikebana, vanno bene le comuni cesoie da giardino, o le nuove forbici comunque con lame dritte e non ricurve.
Il supporto per i fiori:
Per reggere gli steli delle foglie e dei fiori, si utilizza uno speciale supporto metallico a chiodi (in giapponese KENZAN 剣山), si mette nel vaso come fosse un tappeto, sul quale poi inserire gli elementi vegetali della composizione, oltre al KENZAN, che può essere di diverse dimensioni e forme (rotondo, quadrato, rettangolare) si utilizza un altro oggetto chiamato SHIPPO 七宝焼. La parola significa disegno cloisonnè cioè a forma di cerchio con archi inscritti. E’ realizzato in piombo e può essere a 1/2/3 cerchi. Poiché lo SHIPPO non ha ne punte ne chiodi, per fissare i rami ci sono varie tecniche. Se il ramo è sottile ed elastico si piega il fondo a ”V” per ottenere una maggiore resistenza. Per mantenerlo eretto, invece, si possono inserire nelle lunette dei pezzetti ricavati dallo stesso ramo che così faranno da spessore e lo sosterranno.
Il tavolo da lavoro:
Usualmente l’Ikebana viene composto stando in posizione SEIZA 正座 (accovacciati sui talloni alla giapponese) e pertanto il tavolino da lavoro e piuttosto basso (20/30 centimetri da terra), per chi ha problemi o non è abituato a questa posizione, è concesso utilizzare un comune tavolo da lavoro.
L’ambiente:
Il Dojo 道場 per l’Ikebana è un posto tranquillo e arieggiato e per modesto e semplice che sia, sarà sempre considerato un luogo speciale, dove il praticante è invitato a meditare sul cuore dei fiori (HANANO KOKORO 花の精心); dapprima per cogliere la natura del fiore nella sua autenticità e poi per trovare e vivere in se stesso la semplicità e la naturalezza del proprio cuore; il Dojo deve essere tenuto pulito ed ordinato anche durante le ore di pratica. Deve essere sempre silenzioso per permettere a tutti di inseguire con la meditazione il proprio spirito unito a quello dei fiori.
Le regole di comportamento:
E’ opportuno arrivare in orario per iniziare la lezione tutti insieme. Si inizia con il saluto al Dojo rivolti verso il TOKONOMA 床の間 (Spazio riservato al sacro e alla bellezza) e all’insegnante SENSEI 先生 (pronuncia “SENSE”), quindi un ’allievo per volta si accosta al SENSEI per ricevere i rami di foglie ed i fiori, per poi ritornare al proprio posto e disporre su un foglio (di giornale, o un’apposito telo per Ikebana) quanto ricevuto. Prima di procedere all’esame dei singoli rami e fiori, tutti assieme compostamente si pronuncia: ONEGAI SHIMASU お願い致します (pronuncia ONEGAI SCIMAS, che significa “Per favore con lo stesso cuore facciamolo insieme”).
IKEBANA - LEZIONE PRIMA - PRINCIPI FILOSOFICI
In Giappone già in tempi remoti i religiosi ornavano gli altari Shintoisti e Buddisti con fiori disposti secondo certi principi e un certo gusto. Coi maestri dello Zen e della cerimonia del The (Cha Do), disporre i fiori si maturò in un’arte squisita. Arte che si è poi diffusa e differenziata in molte scuole, divenendo indipendente ed evolvendosi fino alle tendenze modernissime, fredde e cerebrali, che sono più vicine al surrealismo od all’astrattismo che allo Zen.
Principio fondamentale comune a tutti: che il fiore abbia dignità di persona. Da noi imperano i tristi metri dell’abbondanza, della ricchezza, della simmetria e della ripetizione. I maestri giapponesi ci insegnano invece che la quantità sommerge irrimediabilmente la bellezza miracolosa del fiore individuo; ed insegnano, con raffinatezza ed amore, tutti gli accorgimenti tecnici che servono a rivelarne in pieno la personalità vegetale, i vari accostamenti chi gli si addicono. Non solo, ma estendono il significato di fiore ad accogliere ogni oggetto naturale, secondo il principio del bello nelle cose semplici, quelle che stanno intorno a noi. Come il silenzio isola le parole rendendole pungenti, tremende, tenerissime; come gli spazi inducono nel segno una più sottile e vibrata potenza, così un fiore o pochi fiori magistralmente disposti, possono colpire col fuoco di un gioiello, con la voce di un canto, possono turbare come un tenero ricordo, oppure trascinarci nella tristezza d’un distacco.
L’influenza della filosofia Zen nella vita giapponese, soprattutto attraverso la cerimonia del The, è stata così vasta, sottile e decisiva che, per quanto altre forze la contrastino, si riscontra ancora oggi ad ogni passo. SERENITA’ e PUREZZA, ecco i nuclei spirituali intorno a cui tutto si risolve.
Serenità significa impegnarsi nella vita, non ritirarsi da essa, pur sapendo lucidamente che assoluto è solo il relativo, permanente solo il mutamento, viva solo la morte. Purezza significa esigenza d’essenziale; pulizia estetica; insofferenza d’ornamenti, di cose appiccicate, d’esibizione; quindi, nel dominio morale, impegno e lealtà; seguire una cosa decisa senza deflettere.
Due parole si usano spesso in Giappone parlando di queste cose: WABI 侘び e SABI 寂. Definirle con precisione è difficile, come avviene sempre quando certi vocaboli si caricano dei sottili armonici intellettuali ed emotivi che toccano il cuore stesso di un civiltà. WABI in senso stretto, significa “Vita povera, che rifugge dal lusso, lontana dalle finzioni e dagli intrighi“. Chi vive secondo WABI si contenta del frugale, gioisce della natura, ha capito la saggezza dei sassi e dei grilli. SABI ha un significato non dissimile, ma riguarda piuttosto cose e luoghi; predilige una rusticità senza pretese, un’arcaica imperfezione, che avvicina teneramente, con affettuosa intimità, uomo e materia.
Un’altra espressione che sintetizza quasi i due concetti precedenti e che anche attualmente è molto utilizzata nel definire i canoni di bellezza è SHIBUI 渋い; letteralmente significa “Astringente”, ma nella sua estensione ai dominii estetico e del comportamento può tradursi senz’altro di “Buon gusto”. E’ superfluo aggiungere che tale buon gusto implica sobrietà ed esclude nel modo più assoluto il vistoso, lo sfarzo, la ricchezza manifestata.
Infine FUGA o FURYU 浮流 indica la raffinatezza suprema di un’esistenza ispirata ai principi dello Zen. Esso è: “Il casto godimento della vita.......l’identificazione dell’io con lo spirito creativo, con lo spirito di bellezza della natura, un uomo che vive secondo le regole di FUGA trova i suoi amici tra i fiori e gli animali, in rupi ed acqua, in piovaschi e luna“ (D.T. SUZUKI).
PREDISPOSIZIONE INTERIORE
Nell’arte del disporre i fiori, così come in ogni atto della nostra vita, l’inquietudine, la precipitazione, l’impazienza producono solo spreco di energie e disordine. Tutto deve essere eseguito con calma, senza preoccuparsi del tempo, ogni gesto è misurato e compiuto in silenzio. Questo procedimento metodico ha lo scopo di favorire la concentrazione sull’opera vera e propria. E’ necessario un lungo esercizio con l’applicazione delle regole consolidate dell’Ikebana sotto la guida attenta dell’insegnante. Ogni ambizione, ogni iniziativa personale è un ostacolo all’intuizione; è necessario rinunciare alla propria individualità per poter operare con la serenità ed il distacco da sé, che costituiscono le basi per l’atteggiamento spirituale nell’arte dell’Ikebana.
LE MISURE DEI FIORI E/O DEI RAMI (SHU NO NAGASA)
Shu no nagasa letteralmente la misura dell’altezza del primo ramo o fiore. La lunghezza del primo ramo SHU viene determinata in base alle dimensioni del vaso e con una variabilità definita anche in base allo stile, se dritto SHOHINKA o inclinato MORIBANA.
Ad esempio: Utilizzando un vaso rotondo e basso, per una composizione tipo SHOHINKA (stile verticale) con i fiori messi al centro del vaso lo SHU sarà lungo (a+b)X2,5. Utilizzando ancora un vaso rotondo e basso per una composizione tipo MORIBANA (stile inclinato) con i rami/fiori inclinati che si specchiamo sull’acqua e messi al bordo del vaso, SHU sarà lungo (a+b)+1/2 (di a+b).
Le lunghezze degli altri fiori/rami:
I° fiore/ramo: SHU (100%)
II° fiore/ramo: FUKU (75% di SHU)
III° fiore/ramo: KYAKU (50%di SHU)
LE INCLINAZIONI DEI FIORI E/O DEI RAMI
I tre rami o fiori principali vengono collocati sul KENZAN in modo da formare un triangolo e se sono collocati secondo le regole produrranno l’effetto di un ramo unico che si sviluppa in diverse direzioni per mezzo di rami laterali (questo effetto si ottiene soprattutto coi rami flessibili del verde).
LEZIONE SECONDA - LA REGOLA DEL TRIANGOLO
La prima e fondamentale regola da rispettare nell’Ikebana è quella di collocare i tre rami/fiori principali in modo tale da formare un triangolo. I tre rami principali rappresentano: Il ramo più alto: Il Cielo (SHIN), Il ramo di media altezza: L’Uomo (SŌ), Il ramo basso: La Terra (GYŌ).
La composizione (SEIKA) può presentare la terra orientata rispettivamente a destra o a sinistra.
Il SEIKA (composizione di piante tagliate) 生花 è un termine antico e ha lo stesso significato di Ikebana. Poiché il triangolo può assumere diverse forme, il SEIKA si suddivide in 3 tipi: Formale, Semi formale, Informale. Questa ripartizione si trova riprodotta anche nella pittura, nella scrittura e nell’impianto dei giardini giapponesi.
Il SEIKA FORMALE o classico è uno stile serio, severo, quasi solenne. Le sue linee molto verticali, si proiettano verso il cielo. Questa composizione cerimoniosa e ricercata, quasi rigida, serve a decorare i templi e gli altari degli avi e dei Kami e spesso è rivolta verso l’altare.
Il SEIKA SEMI FORMALE o forma mediana si addice soprattutto alle case private e trova degna collocazione nel TOKONOMA; in questo caso il SEIKA può assumere forme molto diverse secondo l’ispirazione del momento, la circostanza o l’ambientazione.
Il SEIKA INFORMALE, o naturalistico è una composizione più sciolta, lascia libero gioco alla fantasia e offre svariate possibilità di costruzione; trova posto sia sul TOKONOMA che su una base di lacca o in un vaso appeso e riesce ad abbellire ogni ambiente con la sua grazia naturale ed affascinante (come una giovane donna la mattina).
Nel SHIN SEIKA o Seika del Cielo, l’accento è posto su “Cielo” che diventa il ramo dominante; questo ramo deve descrivere una dolce curva allungata simile alla curva dell’arco giapponese in tensione.
Il SŌ SEIKA o Seika dell’Uomo è uno stile più duttile, flessuoso e fantasioso come i caratteri della scrittura giapponese; il Sō ramo dell’Uomo, deve distendersi orizzontalmente in un movimento naturale che risalta nettamente su gli altri rami.
Il GYŌ SEIKA o Seika della Terra ha una forma più contenuta e raccolta, deve produrre un effetto di semplicità, di solidità e di vigore. Comunque per tutti questi Seika è necessario che i rami siano solidamente congiunti, quasi saldati tra loro alla base.
I TRE TIPI DI SEIKA BASATI SULL’ACCENTUAZIONE DI UN DEI TRE RAMI
Collocando i rami, l’allievo farà in modo che non si nascondano a vicenda e che non si incrocino. Tutti devono tendere liberamente verso l’alto ed ogni fiore deve essere visibile, qualunque sia il numero di foglie. E’ necessario osservare l’asimmetria che prevede spazi vuoti, avendo il “Vuoto” un significato essenziale. Una costruzione rigorosamente simmetrica è sempre considerata come un’opera superficiale ed insignificante.
Lo schema ternario non è fatto per opprimere, ma costituisce il punto di partenza verso la conquista della libertà interiore, che permette all’allievo di creare e di agire in completa autonomia.
IL PRINCIPIO FILOSOFICO DELLA TRIADE
La concezione ternaria, che è alla base delle composizioni con i fiori, rappresenta la Totalità Universale, che se pur indivisibile è composta da Cielo, Uomo e Terra; è un principio spirituale ed ha un significato cosmico; questa struttura esprime il senso profondo delle leggi che regolano l’universo. Poiché il numero tre è il primo numero della creazione, esso a poco a poco è diventato il termine assiale consapevole di un sistema strutturale esteso all’arte (Strutturazione dei giardini, calligrafia, Ikebana, architettura e pittura). L’uomo si pone al centro del ternario non in quanto se stesso uomo ma in quanto cuore dell’uomo in simbiosi col cuore del fiore e quindi cuore universale. L’uomo vive in naturale comunità con il fiore e con tutto l’universo. E’ l’intermediario tra la dimensione spirituale e quella terrestre e il tutto forma l’indivisibile triade nell’Unità. Nel movimento ciclico della Triade l’uomo sta al centro tra il cielo e la terra. Egli è nutrito dall’elemento sottile e sorretto dall’elemento terrestre in cui ha le proprie radici. In tal modo egli è unito al “Cuore” del tutto. Nell’esercizio dell’Ikebana l’allievo non deve porsi al di fuori del mondo né allontanarsene; al contrario egli si trova al centro del Divenire universale, in equilibrio sul proprio fondamento terrestre. Egli accetta il mondo così come si presenta, lo accoglie come destino. Vive con gioia nel mondo e non lo rinnega. Lo considera come l’ambito in cui la sua esistenza deve trovare il proprio compimento. Essendo asimmetrico il principio ternario permette l’azione reciproca del “Pieno” e del “Vuoto”, dello sbocciare della vita e del suo dissolversi, di tutto ciò che si lega e si scioglie: comprende il ciclo completo della creazione. Quando costruisce la propria opera floreale, l’allievo riproduce sotto forma visibile e simbolica un “Nuovo manifestarsi” della totalità Cielo-Uomo-Terra: egli ri-crea.
LEZIONE TERZA
Alla corda del mio pozzo
Si è avviluppato un convolvolo.
Dammi acqua, amico.
(Haiku: il Convolvolo)
La leggenda narra di una leggiadra fanciulla che di buon mattino si reca ad attingere acqua al pozzo del villaggio; ma durante la notte un convolvolo in fiore si era avvolto attorno alla corda del pozzo e con il suo unico fiore beveva la prima luce del giorno, ebbro di piacere. La fanciulla estasiata e commossa, non osa turbare quella festa ed incurante della fatica si reca ad attingere acqua ad un altro pozzo, anche se molto più lontano e quindi se ne ritorna soddisfatta e felice a casa.
Questa stessa sensibilità deve ispirare il “Giusto comportamento” e la considerazione dovuta a tutto ciò che ci circonda, poiché in realtà tutto ha la stessa importanza, tutto ha lo stesso diritto all’esistenza.
Nell’ambito della vita non ci sono aspetti privilegiati, né limiti precisi, sempre che non si voglia considerare l’uomo un’essere a parte, come se fosse il re della creazione. (Questa purtroppo è la nostra concezione culturale occidentale!)
L’insieme di tutte le esistenze costituisce una unità indivisibile, poiché esse emanano da una unica fonte. Un fiore o un ramoscello fiorito può riflettere l’essenza della vita con più purezza di un essere umano che ha la pretesa di essere una creatura eccezionale...
Legami sensibili e potenti si creano istintivamente tra la vita umana e l’esistenza naturale soprattutto quando si è innamorati. Osservare la crescita e lo sbocciare di un fiore è un arricchimento della vita affettiva; questa comprensione attraverso la partecipazione e la compassione deve estendersi a tutto ciò che ci circonda: piante, animali, natura, intera esistenza nel bene e nel male...
Conoscere e praticare la “Via dei fiori” può rappresentare una conversione radicale nell’atteggiamento che un individuo ha nei confronti del suo rapportarsi con la natura e con tutto ciò che ci circonda e che accade.
IL NAGEIRE
Il Nageire è una composizione informale, ove le tre linee principali possono essere variamente modificate in rapporto al tipo di pianta utilizzata. Sia che i rami o i fiori siano posti diritti in un vaso, o inclinati o pendenti in un vaso appeso, è sempre possibile ravvisare un accenno allo schema triangolare (triade) anche se non è rappresentato totalmente.
In una composizione destinata ad essere appesa, il ramo inclinato si chiama anche “Ramo che scorre” perché cerca di adattarsi all’ambiente, introducendosi timidamente nello spazio circostante.
I rami o i fiori ricadono liberamente dall’orlo del vaso, senza bisogno di sostegno.
La composizione ultimata deve produrre un effetto di leggerezza, come se si offrisse naturalmente ai capricci del vento.
A volte è sufficiente un solo ramo per ottenere con grande naturalezza la forma desiderata; ovviamente la scelta del ramo richiede una intuizione perfezionata.
Riuscire a realizzare la composizione più semplice è di gran lunga la cosa più difficile, ma spesso può risultarne un capolavoro.
Se vengono scelte piante rampicanti, munite di viticci o quelle che crescono naturalmente inclinate, è opportuno utilizzare contenitori in bambù o cestini di vimini o anche zucche essiccate (contenitori semplici e naturali che richiamino il concetto Zen SABI). La più semplice composizione Nageire nel più modesto e rustico dei vasi diventa l’arredamento più suggestivo ed opportuno per la stanza della cerimonia del The, dove tutto deve concorrere a creare una impressione di purezza ed essenzialità.
Nella sua solitudine il modesto fiore scelto non distrae lo spirito, anzi invita alla concentrazione ed al raccoglimento, irradia la pace e l’armonia nell’unità.
LA CERIMONIA DEL THE
I fiori dei boschi e dei campi si addicono particolarmente per adornare la stanza della cerimonia del The, in cui regna una semplicità estrema propizia al raccoglimento; essi ricordano la vastità inviolata della natura libera.
La presenza di questi fiori che si offrono spontaneamente nella loro semplice apparenza può produrre un effetto sorprendente e quanto mai raffinato. A volte un solo fiore è chiamato a contribuire alla solennità del momento: in ogni caso esso non deve imporsi all’attenzione né per il profumo intenso, né per i colori vivaci; esso deve simboleggiare la disposizione spirituale indispensabile alla cerimonia. Nel suo semplice vaso di bambù, appeso al pilastro del Tokonoma, il fiore si sporge sognante e pensoso verso gli ospiti che partecipano al rito; anche gli utensili utilizzati per la cerimonia sono di una semplicità estrema, ma di un gusto raffinato. A volte sono oggetti antichi, che da secoli vengono usati per questo rito. Il convolvolo o il semplice fiore, dall’alto della sua postazione partecipa alla cerimonia, in precedenza è stato spruzzato con qualche goccia d’acqua, affinché non abbia sete quando gli invitati riceveranno a turno la loro tazza di tè e ne assaporeranno il contenuto lentamente, in silenzio.
LA CERIMONIA DELL’INCENSO 香道 (Koudou)
La Cerimonia dell’Incenso, come la Cerimonia del The, è un rituale ZEN codificato e suggestivo che consiste nel bruciare particolari incensi.
Per questa circostanza, si sceglie di preferenza per il Tokonoma, un Kakemono (rotolo dipinto) 掛け物 che si addica alla solennità ed allo spirito della cerimonia e che induca chi lo osserva sulla giusta strada che conduce alla rigorosa disciplina spirituale unita alla concentrazione del pensiero.
Anche per questa cerimonia è consigliabile un semplice bocciolo di fiore circondato da qualche fogliolina; nella sua modestia esso non pretende di rivaleggiare con il profumo raro che si leva in volute dai bastoncini d’incenso, né con la linea elegante del brucia profumi antico collocato in mezzo al Tokonoma. Senza ostentazione, dimentico di se stesso, il bocciolo di fiore lascia che la nuvola d’incenso lo nasconda, lascia che si compiano i riti, come se sapesse che quel profumo non è nulla se paragonato al suo futuro splendore.
LEZIONE QUARTA - LA COMPOSIZIONE “MORIBANA”
Una delle composizioni più belle ed accattivanti è il “Moribana” ovvero la ricostruzione di un paesaggio. Nello spazio limitato di un vaso si ricrea un aspetto della natura, come se fosse un panorama, e si cerca di “fissare” l’atmosfera che ci ha impressionato quando l’abbiamo osservato dal vivo.
Il Moribana comprende non solo diversi tipi di paesaggio ma anche diversi stili, come il Celestiale, il Contrasto, o lo Yoshiki (composizione formale e tradizionale); comunque nel costruire un paesaggio Ikebana è importante mantenere la coerenza di luogo e di stagione. Questo significa che si può usare soltanto ciò che cresce nello stesso periodo e nello stesso posto: fiori, rami e foglie devono rispettare la stagionalità del momento. Inoltre, la disposizione degli elementi deve dare la sensazione della distanza: se si vedono tronchi e alberi, il paesaggio è in lontananza; se si notano arbusti e cespugli, la sensazione è di una distanza media; se invece è possibile contare i fili d’erba e vedere anche i fiori più piccoli, si tratta allora di un paesaggio visto da vicino.
Il Moribana si costruisce in recipienti larghi e bassi, di porcellana, di ceramica, di lacca o di bronzo, per sostenere le piante si utilizzano vari tipi di Shippo in metallo pesante o grandi Kenzan. Il paesaggio ricostruito in miniatura può essere estremamente espressivo anche con un numero molto limitato di elementi: qualche canna o giunco, qualche ninfea o un fiore di campo che cresce vicino all’acqua, bastano a far sognare, sul filo della propria immaginazione, rive selvagge o scene campestri.
Il principio della triade è rispettato da un gioco congiunto di alberi, di arbusti e di piante basse che formano un primo piano, un secondo piano ed uno sfondo.
L’impressione di armonia e di unità dell’insieme sarà data da abili contrasti e dalla diversità degli elementi utilizzati. Un ramo alto o un piccolo ceppo possono significare la presenza di un albero sullo sfondo. Il secondo piano sarà formato da ciuffi di piante che rappresentano un boschetto o qualche cespuglio (ad esempio: licopodio). Al primo piano si addicono i fili d’erba, le piante basse, il muschio. D’estate in questo genere di composizione sarà prevalente la presenza dell’acqua, mentre d’inverno ciò che domina è il paesaggio. Con acqua e piante abilmente distribuite, si può suggerire la visione di una campagna in riva ad un fiume o ad un laghetto; il paesaggio può essere agreste, boschivo o montano, può rappresentare una isola, una penisola o una costiera marina.
Il paesaggio autunnale può essere raffigurato da un albero spoglio e qualche filo d’erba ai suoi piedi è sufficiente per rappresentare la riva di un corso d’acqua; se invece si utilizza un ramo con le bacche, tipico della stagione autunnale, allora le foglie da abbinare dovranno avere tonalità calde, dorate o rosseggianti.
Per un Moribana primaverile può essere proposto l’utilizzo di rami di salice contorto o di nocciolo con le gemme appena abbozzate, qualche ciuffetto di licopodio e foglie con qualche bocciolo di iris. Ma la stagionalità viene rappresentata anche dal numero di foglie abbinate di iris: in primavera quando le piante sono giovanissime si dispongono gruppi di due foglie; in estate con la pianta adulta e formata i gruppi sono a cinque foglie; in autunno le foglie sono solo tre perché le due laterali sono ormai appassite. Il bocciolo di iris viene inserito centralmente nei gruppi di cinque foglie. Per la composizione primaverile si può ad esempio utilizzare oltre ai rami con le gemme, un ramo di lilium con uno o due fiori aperti ed altri chiusi. Il fiore con la sua corolla aperta sarà rivolto verso chi osserva la composizione ed ha un significato preciso: è il fiore dell’ospite (chiamato Chiaku).
Oltre ai rami ed ai fiori è molto apprezzato come elemento compositivo un piccolo ceppo coperto da lichene o da muschio, soprattutto se è ravvivato dal contrasto di germogli primaverili (che devono essere disposti abilmente affinché sembrino spuntati dal ceppo stesso). Per rappresentare montagne e rocce si utilizzeranno pietre di varie forme, dimensioni e colori. Una pietra isolata nell’acqua può simboleggiare uno scoglio flagellato dalle onde.
Per segnare un passaggio tra la terra ferma e l’acqua si useranno piante basse, giunchi, muschio o anche dei ciottoli.
IKEBANA PER LA CERIMONIA DELL’ ANNO NUOVO
L’Ikebana per l’anno nuovo viene collocato davanti alla porta d’ingresso della casa o all’interno della casa stessa, nel Tokonoma. Nelle case occidentali dove non c’è il Tokonoma, l’Ikebana non va utilizzato come centro tavola durante i pranzi, ma collocato in posizione privilegiata e solitaria su un mobile con il lato dell’ospite rivolto appropriatamente verso l’ingresso della stanza.
Per l’Ikebana del nuovo anno si utilizza un solo recipiente o anche tre vasi separati ma accostati; il principio ternario deve essere rispettato sia nell’insieme della composizione che nella disposizione di ogni pianta.
Si utilizza uno o due steli di bambù (Take) 竹 il più alto rappresenta il simbolo maschile e l’altro il simbolo femminile; il bambù è generalmente simbolo di abbondanza, di ricchezza e di agile vigore; il ramo di pino (MATSU), simbolo di perseveranza e di forza; il ramo di pruno (UME) simbolo di nuove speranze dopo l’inverno; se è possibile si consiglia di utilizzare un vecchio ramo a cui di solito si aggiungono rari teneri germogli.
LEZIONE QUINTA - IKEBANA PER UN MATRIMONIO
In Giappone è consuetudine allestire uno speciale Ikebana da collocare nel Tokonoma della stanza che utilizzeranno gli sposi.
Si adoperano come contenitori due semplici vasi di bambù, uno più alto e uno più basso, spesso cinti da una cordicella colorata (MIZUHIKI) in segno di reciproco e durevole attaccamento.
Nel vaso alto viene posto un vigoroso ramo di pino, un po’ nodoso, che rappresenta il simbolo maschile; nel vaso basso un ramo di camelia bianca che simboleggia la femminilità dolce e malleabile. Il fiore di camelia non deve stare di fronte a chi guarda, né essere nascosto dalle foglie; deve piuttosto essere collocato un po’ obliquamente come a rappresentare lo sguardo pudico della sposa.
La camelia bianca viene utilizzata in questo particolare Ikebana e nel CHABANA (il NAGEIRE per la cerimonia del The); difficilmente viene utilizzata per altre composizioni normali poiché ha un significato particolare ed evoca la morte del Samurai (nel suo momento di maggiore e matura bellezza, prima di avvizzire si stacca dal ramo e cade tutta intera toccando la terra con un suono sordo).
IL SEIKA COMPLESSO A PIU’ RAMI
- il Cielo(SHIN) , il ramo più alto
- l’Uomo (SŌ) , il ramo mediano
- la Terra (GYŌ) , il ramo più basso
- ausiliare posteriore del Cielo (SHIN-URA-NO-SOE)
- sostegno del ramo mediano (DŌ o DAKI) che riempie lo spazio tra questo ramo e la linea centrale
- ausiliare del Cielo (SHIN-NO-SOE)
- ausiliare o sostegno della Terra (GYŌ-NO-SOE)
- complementare del Cielo (SHIN-NO-SOE)
- germoglio o pollone (SU-SHO)
- ausiliare posteriore del Cielo (SHIN-URA-NO-SOE)
- ausiliare aggiunto dell’Uomo (SŌ-NO-SOE)
- ausiliare aggiunto dell’Uomo (SŌ-NO-SOE)
- ausiliare aggiunto della Terra , o ultimo ramo (GYŌ-NO-SOE)
Quando si crea un’Ikebana, i fiori debbono essere scelti e disposti tenendo conto non solo delle caratteristiche naturali di ciascuno di essi, ma anche del significato espresso dall’insieme.
Dal modo in cui sono abbinati e composti si può cogliere immediatamente il significato intrinseco della composizione. Ma l’osservatore attento saprà andare oltre e sarà in grado di intuire la tempra spirituale del compositore, o più esattamente ciò che da essa traspare: l’indicibile, l’infinito.
L’allievo è tenuto a rispettare la natura di ogni pianta scegliendo adeguatamente i rami che possono armonizzarsi tra loro secondo lo schema prefissato; infatti innanzi tutto è importante definire le tre linee fondamentali ed evidenziarle adeguatamente, poi individuata questa struttura di base, si può aggiungere le linee secondarie che servono a sostenere, arricchire e complementare quelle principali.
Di solito gli allievi più giovani creano le composizioni più colorate; i maestri sono tali quando hanno la capacità di scegliere e di raggruppare le composizioni in un insieme che sappia offrire una meravigliosa armonia di colori chiari e scuri, vivaci e delicati, luminosi ed intensi. In primavera ed in estate la composizione sarà più ricca e più allegra; d’inverno diventerà più sobria, ma non meno suggestiva ed avvincente. Ogni stagione offre i suoi fiori come rari tesori: in primavera le nuvole rosa dei ciliegi in fiore si offrono agli sguardi ammirati, i bianchi narcisi profumano le valli, negli antichi giardini dei templi Shinto i glicini lillà, bianchi e color fucsia gareggiano in splendore con i loro grappoli fioriti ed ancora gli aceri incantano con i loro germogli color rosa delicato...
D’estate le vallette e le montagne si rivestono delle mille tonalità del verde finchè in autunno i boschi di aceri incendiano l’orizzonte di colori infuocati. Il Giappone ha una natura meravigliosa ed è noto come il paese dei fiori; anche se nei giardini privati non si coltivano fiori da recidere, ma bensì arbusti e piante perenni curati con amore e proprio per questo tagliati rarissimamente, solo per conservare la loro forma originale; non esistono prati fioriti come da noi, esclusi alcuni parchi famosi e templi in cui la gente passeggia con grande rispetto.
La terra per lo più è utilizzata per coltivare il riso e per altre colture alimentari; lo spazio destinato per coltivare fiori ed arbusti da composizione è scarso e ricercatissimo; per questo i fiori vanno scelti con estrema accuratezza per non sprecarli e per non utilizzare male la loro bellezza.
Il crisantemo (KIKU), il fiore d’oro dell’oriente, è anche un emblema araldico che rappresenta la casa imperiale. Se ne conoscono almeno duecento varietà; è facilmente coltivabile. Ai crisantemi è dedicata una grande festa il 9 settembre.
Anche l’iris con i suoi mille colori è facilmente coltivabile sulle rive dei laghetti o dei fiumi e viene utilizzato frequently nell’Ikebana del periodo primaverile ed estivo. Il loto è il fiore del culto religioso, esso simboleggia la purezza e l’immortalità. Il prunus in fiore esprime la resistenza alle ingiurie del tempo e la speranza del rinnovamento. La peonia, con la sua sensualità esuberante parla di magnificenza e di ricchezza. Il pino esprime la costanza, la forza e la fermezza di carattere. Il bambù è simbolo di longevità e di stabilità. I rami autunnali carichi di bacche rappresentano l’uomo che ricco della sua esperienza passata, lascia il suo lavoro abituale (va in pensione) e dedicherà finalmente il suo tempo futuro alla ricerca dello spirito e della bellezza.
I boccioli e le foglie ancora chiuse rappresentano il futuro e nell’Ikebana hanno la posizione più elevata (SHIN o SŌ); i fiori sbocciati, o quelli che stanno per schiudersi, sono il simbolo del presente e nell’Ikebana hanno una posizione intermedio/bassa (SŌ-GYŌ o KYAKU). I fiori appassiti e carichi del tesoro dei loro semi, parlano del passato e della rinascita che verrà.
LEZIONE SESTA - LA CERIMONIA DEI FIORI
In Giappone, tutte le case, anche le più modeste, sono dotate di un Tokonoma: la speciale ampia nicchia lievemente sopraelevata rispetto al pavimento della stanza. In questa nicchia viene appeso il Kakemono: rotolo di seta o di carta fine, dipinto a china e incorniciato da broccato di seta, con immagini o con ideogrammi che esprimono per lo più una massima breve ma profonda o una composizione poetica (Haiku). Nel Tokonoma centralmente viene posto l’Ikebana; la composizione di fiori deve essere in accordo con ciò che è rappresentato nel Kakemono e deve trasparire un’armonia intima tra l’idea espressa nel Kakemono e l’idea espressa con la forma ed il significato dei fiori. All’ospite è riservata la parte migliore della stanza, davanti al Tokonoma; di modo che l’ospite stesso risalti tra le cose belle poste alle sue spalle.
Il padrone di casa talora pone lateralmente nel Tokonoma un prezioso oggetto artistico, di lacca, di bronzo o di ceramica che attira l’attenzione per la sua raffinata semplicità, ma solo gli amici più intimi possono permettersi di tenere tra le mani il prezioso oggetto e di esaminarlo più attentamente.
Chi possiede simili tesori, li presenta sempre solo uno alla volta, perché ciascuno di essi è degno di ammirazione particolare.
Diversamente in Occidente troviamo accatastati nelle stanze tanti oggetti anche pregiatissimi che si contendono quasi tra loro l’attenzione di coloro che guardano, venendone sminuiti nella loro bellezza e nella loro importanza.
Comunque l’ospite riserverà sempre il primo onore ed attenzione alla bellezza vivente della composizione floreale.
Generalmente ci si limita ad esporre un’unica composizione, ben scelta e ben realizzata affinché possa favorire la serenità dell’incontro.
Se all’onorevole ospite è riservato un dono, esso gli sarà offerto in una cassetta di legno di Kiri meravigliosamente leggera, o in una scatola di cartone ricoperta di una carta di riso predisposta appositamente per i doni e legata con un nastro bianco e rosso secondo la tradizione. Anche il dono più modesto, verrà presentato nello stesso modo delicato e cerimonioso. Lo stesso spirito che ha ispirato l’arte di disporre i fiori ha dato vita anche alla cerimonia dei fiori, dove sono essenziali in primo luogo la meditazione e la concentrazione profonda, mentre le regole del rituale riguardano soltanto il suo svolgimento.
Prima di tutto l’ospite raggiunto il Tokonoma, fermandosi ad una distanza adeguata, dopo aver effettuato un’inchino profondo, (Rei) deve raccogliersi in meditazione davanti al Kakemono, quindi deve contemplare intensamente la composizione di fiori collocata in primo piano nel Tokonoma.
L’ospite deve particolarmente concentrare la sua attenzione sull’Ikebana e contemplarla in ogni particolare, incominciando dal ramo più alto per comprenderne il senso.
Ad esempio se il Kakemono rappresenta un paesaggio di montagna, per la composizione si dovrà scegliere un ramo di pino e un fiore montano; in questo caso, infatti, una pianta di pianura non sarebbe adatta e non potrebbe fondersi armonicamente con il resto, poiché tutto deve suggerire all’ospite un’impressione di felice accordo. Oppure se un Kakemono porta dipinto un Haiku che canta “le foglie di acero trascinate dal vento d’autunno” può essere accompagnato da un Ikebana composto semplicemente da una grande coppa piena di foglie di acero dalle sfumature accese... Oppure ancora se un Kakemono descrive il distacco sublime con cui un samurai o un religioso attende la morte, l’Ikebana in armonia con questo dipinto, può essere rappresentato semplicemente da una coppa colma d’acqua con alcuni petali di fiore di ciliegio che vi galleggiano sopra, come quelli dispersi dal vento in primavera sulla superficie degli stagni addormentati.
Nella cerimonia collettiva dei fiori il Sensei invita ciascun allievo a realizzare una composizione. L’allievo inizialmente si schermisce modestamente per poi cedere alle ripetute sollecitazioni del Sensei che, predisposto tutto il necessario, invita ciascun allievo a disporre i rami e i fiori per poter fare la scelta più adeguata.
Il Sensei, con gli altri invitati presenti si pone in disparte ed in silenzio attendono pazientemente che gli allievi abbiano realizzato l’opera.
L’allievo s’inginocchia e rimanendo seduto sui talloni, contempla a lungo le piante messe a sua disposizione; il motivo del Kakemono lo aiuta a perfezionare le immagini del suo sogno. Anche il brucia profumi che si trova nel Tokonoma può contribuire a creare l’armonia propizia alla nascita dell’opera. Solo quando tutti gli allievi hanno terminato il proprio Ikebana, il Sensei chiede il favore di poterli offrire all’ammirazione degli ospiti; gli allievi di nuovo si schermiranno modestamente poiché ritengono che la loro opera non sia degna degli sguardi e non meriti di essere esposta; quindi cederanno alla richiesta del Sensei e collaboreranno ad allestire l’esposizione secondo l’ordine e la scelta decisiva del Sensei stesso, che provvederà con la sua sensibilità a creare un’unica composizione con gli Ikebana del gruppo di allievi.
La bellezza e l’armonia dell’opera verrà infine ammirata con atteggiamento raccolto dagli allievi assieme al Sensei ed agli invitati.
LEZIONE SETTIMA - L’INSEGNAMENTO DELL’IKEBANA
Nell’insegnamento dell’Ikebana, non solo l’essenza spirituale della dottrina, ma anche certe conoscenze tecniche, venivano un tempo rigorosamente trasmesse, secondo tradizione, solo come comunicazione orale o addirittura senza parole con l’esempio e con la semplice “trasmissione del pensiero” dal maestro all’allievo. Tuttoggi poche sono le pubblicazioni e i testi esplicativi sull’Ikebana, essi si limitano per lo più a disegni illustrativi e a poche istruzioni pratiche. E’ infatti fondamentale e imprescindibile l’apprendimento e la crescita spirituale sotto l’attenta guida di un Sensei che possa conoscere e comprendere l’allievo nel suo lungo percorso.... Il Sensei infatti vede ogni cosa e nulla gli sfugge, osserva con partecipazione la crescita dell’allievo e giudica se egli è in grado di procedere più o meno speditamente non solo nella crescita spirituale, ma anche nelle semplici procedure tecniche, come ad esempio collocare 5, 7 o 9 rami, per raggiungere una maggiore libertà di composizione; ma ciò è possibile solo quando il Sensei è sicuro che l’allievo non compirà più errori nel configurare la composizione secondo la regola della triade.
L’apprendimento quindi è soprattutto basato sulla trasmissione diretta dell’arte, che impedisce l’irrigidirsi dello spirito della dottrina in un sapere dogmatico; infine, la pretesa di esporre chiaramente e indelebilmente per iscritto il senso autentico della dottrina, può sembrare un’impresa audace ed orgogliosa. Per questo il modo originario di trasmissione era chiamato il “modo segreto” e ciò vale per l’insegnamento di tutte le arti orientali tradizionali; probabilmente, l’intenzione profonda racchiusa nella tradizione “da cuore a cuore” è che l’allievo non si limiti a imparare a memoria il contenuto di una lezione o alcune nozioni pratiche, ma che giunga a scoprire e a vivere da solo lo spirito della sua arte.
Per questo un buon Sensei difficilmente si mostra soddisfatto del lavoro del suo allievo, e senza neppure spiegargliene il motivo lo costringe a ricominciare sempre da capo.
Le parole non sono altro che punti di riferimento per orientarsi verso il significato più profondo.
Si dice: “chi parla non sa, chi sa non parla”. Per questo il Sensei il più delle volte si limita a eseguire in presenza del suo allievo una composizione che possa servirgli da modello. Il compito dell’allievo è ritrovare nell’esempio proposto, l’elemento inafferrabile che è la sua ragione di essere e, partendo da questa forma visibile, penetrare fino all’invisibile su cui essa si fonda; in ciò consiste il Midori Geico (allenamento a comprendere l’Ikebana). Lo stesso atteggiamento, deve essere tenuto anche nei confronti della natura; l’allievo deve ammirare e compenetrare con la sua sensibilità tutto ciò che di meraviglioso viene offerto in natura.
LE DIECI VIRTU’
Queste dieci regole sono enunciate con un linguaggio semplice, sulle prime esse sembrano poco importanti, o addirittura puerili; ma ciò che conta è saper leggere tra le righe:
- L’arte di disporre i fiori crea un rapporto tra ciò che è in alto e ciò che è in basso
- Portare il NULLA nel cuore è portarvi il TUTTO
- Disposizione calma e pura. Si può trovare la soluzione senza pensare
- Eliminare ogni inquietudine
- Avere il rispetto e attenzioni per le piante e le altre creature
- Amare ed onorare tutti gli uomini
- Occupare un luogo con armonia e rispetto
- Lo “spirito autentico” sostenta la vita; associare un sentimento religioso all‘Ikebana
- Corpo e anima in armonia
- Rinuncia a se stessi e discrezione; essere liberati dal male
Le illustrazioni utilizzate in questa dispensa sono state tratte da album giapponesi del periodo.